Disuguaglianze evidenti fra i bambini che vivono in Italia in tema di salute. Le barriere linguistiche e le condizioni socioeconomiche hanno un impatto sulla salute dei bambini stranieri nel nostro paese, che mostrano un rischio più che doppio di mortalità neonatale e infantile rispetto ai bambini italiani e sono anche molto più esposti al rischio di subire maltrattamenti.
La povertà assoluta riguarda il 36,2% delle famiglie straniere con minori contro il pur preoccupante 8,3% dei nuclei familiari con minori composti da genitori italiani. A confermare la vulnerabilità di questa categoria alcune condizioni emergenti come l'incremento del tasso di sovrappeso e obesità che secondo alcuni studi è passato dall'1 al 10% in dieci anni, così come quello del diabete 1. Un focus al Congresso della Società Italiana di Pediatria (Sip) a Torino mette in luce la particolare condizione di marginalità di una popolazione tutt'altro che numericamente marginale: in Italia è straniero circa 1 bimbo su 10 da 0 a 18 anni. Ai bambini nati in Italia si sommano quelli giunti per ricongiungimento familiare e quelli non accompagnati che scappano da Paesi colpiti da guerre e persecuzioni. Per i pediatri il primo passo per garantire a tutti il migliore livello di tutela sanitaria possibile è dare piena attuazione a una norma che garantisce l'iscrizione al Ssn e il diritto al pediatra di famiglia a tutti i bambini, indipendentemente dallo status giuridico proprio o dei genitori.
Un diritto sancito nel 2012 da un Accordo Stato Regioni e previsto nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) nel 2017. Ma rimasto al palo per un decennio. "L'ostacolo burocratico è stata la mancanza di indicazioni operative nazionali per l'applicazione dei codici fiscali e dei codici di esenzioni. Si è lasciata alle Regioni l'opportunità di attrezzarsi, con una grande eterogeneità e un'ingiusta diseguaglianza", afferma Piero Valentini, Segretario del Gruppo di Lavoro per il Bambino Migrante della Sip. "Nel 2022 però finalmente due circolari del ministero della Salute hanno regolamentato questi aspetti. Ora le Regioni hanno tutti gli strumenti per rendere questo diritto omogeneo e diffuso".