Partiamo dalla denuncia presentata in procura, nero su bianco
Adriana il 27 dicembre ha i sintomi del covid: febbre, mal di gola, tosse. Il tampone risulta positivo e avvisa sua ginecologa, perché è in gravidanza.
Questo medico, contrariamente alle indicazioni scientifiche, in estate le aveva sconsigliato di vaccinarsi. Piano piano la febbre aumenta, così come la tosse. Avvisano la guardia medica che rimanda al medico di base.
Il 3 gennaio decide di andare all’ospedale Gemelli, e deve attendere nella tenda esterna perché positiva. Allora vanno all’Umberto I. Anche qui deve attendere la visita nella tenda esterna destinata ai pazienti Covid, ha freddo e torna a casa.
La mattina successiva, chiama un’ambulanza che la porta a un altro ospedale, quello dei Castelli Romani. Non c’è posto e che non possono accettarla come paziente.
Il 7 gennaio la situazione precipita definitivamente. Un’ambulanza la porta all’ospedale di Latina. I sanitari, alla luce delle gravi condizioni di salute della donna, dispongono il trasferimento all’Umberto I, dove Adriana arriva in serata e dove viene immediatamente ricoverata e le viene messo il casco per l’ossigeno. Il 13 gennaio le sue condizioni di salute precipitano ulteriormente e i medici decidono di far nascere il bambino per insorte complicazioni. Dall’anestesia non si sveglierà più. Il 20 gennaio è morta.