Un po’ meno (ancora) rispetto al passato. Ma in molti casi (ancora) più che nella maggior parte dei Paesi europei. L’Italia procede a piccoli passi nella lotta all’antibioticoresistenza, che passa innanzitutto dalla riduzione e dal miglioramento dell’utilizzo di questa categoria di farmaci. Tanto nella medicina umana quanto in quella veterinaria.
Lo si evince dal rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia – 2021”, curato dall’Osservazionale nazionale sull’impiego dei medicinali (OsMed) dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Due anni fa (dunque nel pieno della pandemia da Covid-19) il numero di prescrizioni nel nostro Paese è stato di oltre tre punti inferiore (-3,3 per cento) rispetto allo stesso dato rilevato nel 2020: pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti (rispetto al dato medio europeo di 15,01). Il dato complessivo, però, è risultato ancora significativo nel contesto europeo.
Segno che sono ancora diversi i progressi che è possibile compiere per mitigare i rischi connessi a un’emergenza che – amplificata anche dal conflitto in corso da più di un anno tra Russia e Ucraina – entro il 2050 rischia di costituire la prima causa di morte nei Paesi occidentali.
Sfogliando le 389 pagine che compongono il dossier, emergono diversi punti salienti. Nel 2021 circa 3 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con una prevalenza che è cresciuta all’avanzare dell’età: fino al 50 per cento relativo agli over 85. Il 76 per cento di questi farmaci è stato erogato dal servizio sanitario nazionale, per una spesa complessiva pari a 653 milioni di euro (pari al 2,9 per cento di quella totale per la sanità nel nostro Paese).
La distribuzione del totale degli antibiotici assunti in Italia due anni fa è risultata distribuita in questo modo: farmaci a uso ospedaliero (8,5 per cento della spesa a carico del servizio sanitario nazionale), farmaci acquistati privatamente (26,3 per cento del consumo territoriale di antibiotici) e antibiotici erogati dalle farmacie in regime di assistenza convenzionata (pari al 65,2 per cento, a seguito di prescrizioni da parte di un medico di medicina generale o di un pediatra di libera scelta).
Le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi si sono confermate la classe di farmaci a maggior consumo, seguite dai macrolidi e dai fluorochinoloni. Antibiotici ad ampio spettro – di cui l’Italia è uno dei maggiori consumatori a livello europeo – che confermano l’urgenza del problema della resistenza di molti batteri agli antibiotici di prima generazione.
Nel 2021 il rapporto tra il consumo di questo tipo di farmaci e quelli a spettro ristretto è risultato pari a 13,2 (rispetto a un valore medio europeo di 3,7). Nonostante le riduzioni registrate nel 2021 rispetto al 2020, il rapporto svela come anche due anni addietro si sia registrata un’ampia variabilità regionale. Il consumo in regime di assistenza convenzionata è risultato infatti maggiore nelle Regioni del Sud (15,3 dosi per mille abitanti, con un calo del 2,2 per cento rispetto al 2020): seguite da quelle del Centro (12) e del Nord (8,7: -6,1 per cento nel confronto con il 2020) del Paese.
Mezzogiorno nel mirino anche per quel che concerne l’uso di antibiotici di seconda scelta (cefalosporine di terza e quarta generazione): rilevato nel 12,1 per cento del totale delle prescrizioni, rispetto al 9,9 per cento ascrivibile alle Regioni del Nord. “Segno della presenza di margini di miglioramento della qualità prescrittiva”, è quanto messo nero su bianco dagli esperti dell’Aifa.
Uno dei focus del rapporto è stato dedicato, come di consueto, alla diffusione dei dati relativi ai consumi da parte degli italiani rientrati nelle fasce pediatrica (fino ai 13 anni) e geriatrica (dai 65 in su).
Nel 2021 quasi 1 antibiotico su 4 (23,7 per cento) è stato assunto da bambini e adolescenti, con una media di due confezioni per ogni bambino trattato. Il maggior livello di esposizione è avvenuto nei piccoli tra i 2 e i 5 anni (4 bambini su 10), con un tasso di prescrizione che più elevato tra i maschi. Numeri costanti, rispetto a quelli del 2020, a differenza invece di quanto rilevato rispetto alla tipologia di antibiotici prescritti.
L’indicatore che confronta il ricorso alle molecole ad ampio spettro rispetto a quello delle molecole a spettro ristretto ha infatti confermato un trend in peggioramento (col passaggio dal valore di 4,5 a 4,7). “Tale incremento – si legge nel dossier – può essere l’effetto di una variazione della tipologia o della gravità delle infezioni gestite in ambulatorio e di un eccessivo uso di molecole di seconda scelta”.
Dall’approfondimento dedicato agli anziani si conferma un calo dei consumi: sia in termini di dosi per abitanti (-5,7 per cento) sia di prevalenza d’uso (-3,8 per cento). Flessioni però ancora insufficienti. Tra gli over 65, infatti, oltre 4 persone su 10 (42 per cento) hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici. Un dato più elevato nelle Regioni meridionali (54,7 per cento) che nel resto d’Italia (Nord al 31,5 per cento).
Considerando che il problema della resistenza si rileva soprattutto negli ospedali, complice anche la maggiore fragilità dei pazienti ricoverati, di particolare interesse è il capitolo dedicato all’uso degli antibiotici nei contesti nosocomiali. Le dosi prescritte sono calate del 23,3 per cento rispetto al 2020. Ma anche in questo caso il delta è considerato insufficiente per considerare l’emergenza rappresentata dall’inefficacia degli antibiotici quasi parte del passato.
L’utilizzo dei principi attivi rilevanti per la terapia di infezioni causate da microrganismi multiresistenti è passato infatti dalle 12,7 dosi (per cento giornate di degenza) alle 20,3 del 2021. Un dato che ha rappresentato quasi il 29 per cento dei consumi ospedalieri di antibiotici. Due anni fa, inoltre, è stato registrato un incremento della proporzione di consumo di antibiotici ad ampio spettro e di ultima linea sul totale dei consumi di antibiotici in ambito ospedaliero (+ 54,5 per cento), collocando l’Italia ben al di sopra della media dei Paesi Europei (+41 per cento).
La molecola a maggior consumo per giornata di degenza nel 2021 è risultata l’associazione amoxicillina/acido clavulanico: seguita dal ceftriaxone e da un’altra associazione, piperacillina/tazobactam.
Dai medici di medicina generale prescrizioni inappropriate quasi in 1 caso su 4
Non meno interessante è l’analisi dei dati relativi alle prescrizioni ambulatoriali da parte dei medici di medicina generale.
L’uso inappropriato, in questo caso, ha superato il 24 per cento per quasi tutte le condizioni analizzate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata). Stime tutte in aumento rispetto all’anno precedente, soprattutto per quel che riguarda la gestione delle infezioni delle prime vie respiratorie.
Per la prima volta, infine, nel dossier sono state valutate anche le prescrizioni condotte in ambito veterinario. Sia per quel che riguarda gli animali da compagnia sia per le specie da allevamento. L’analisi dettagliata sarà oggetto di un prossimo articolo sul sito.