Il farmaco donanemab si è rivelato efficace nei pazienti con Alzheimer sintomatico precoce e accumulo di proteina beta-amiloide. La terapia rallenta...
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Per "demenza" si intende un declino progressivo delle facoltà mentali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi handicap all'individuo. Circa il 70% delle demenze progressive dell'adulto è causato dalla malattia di Alzheimer. I pazienti con la malattia di Alzheimer giungono negli stadi avanzati della patologia a non poter più svolgere nessuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dai familiari o dal personale sanitario.
La malattia si manifesta inizialmente con amnesie (perdite di memoria), di cui si rendono conto più i familiari che il paziente stesso. Con il tempo altre funzioni neurologiche progressivamente vengono perse, compare difficoltà nel riconoscimento di oggetti usuali (aprassia) con impossibilità di utilizzo adeguato degli oggetti stessi, alterazione dell'umore, alterazione della capacità di giudizio.
Il farmaco donanemab si è rivelato efficace nei pazienti con Alzheimer sintomatico precoce e accumulo di proteina beta-amiloide. La terapia rallenta la progressione clinica a 76 settimane, soprattutto in chi ha malattia tau bassa/media e nella popolazione combinata con patologia tau bassa/media e alta.
Sono i risultati dello studio pubblicato su Jama da un team della Eli Lilly and Company diretto da John Sims, che spiega: «I trattamenti efficaci per la malattia di Alzheimer sono limitati. Noi abbiamo cercato di valutare l'efficacia e gli eventi avversi di donanemab, un anticorpo progettato per eliminare la placca amiloide cerebrale».
Alla ricerca hanno partecipato 1.736 soggetti con Alzheimer sintomatico precoce e patologia amiloide e bassa/media o alta tau in base alla tomografia a emissione di positroni (PET). I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere donanemab (n=860) o placebo (n=876) per via endovenosa ogni quattro settimane per 72 settimane. Le persone che ricevevano donanemab sono passate a ricevere il placebo in cieco se sono stati soddisfatti i criteri di completamento della dose. L'esito primario era il cambiamento nel punteggio della scala integrata di valutazione della malattia di Alzheimer (iADRS) dal basale a 76 settimane.
Il 76% ha completato lo studio. La variazione della media dei minimi quadrati (LSM) nel punteggio iADRS a 76 settimane è stata di -6,02 nel gruppo donanemab e -9,27 nel gruppo placebo (differenza 3,25) nella popolazione tau bassa/media, e di -10,2 con donanemab e -13,1 con placebo (differenza 2,92) nella popolazione combinata.
La variazione LSM nel punteggio della Clinical Dementia Rating Scale (CDR-SB) a 76 settimane è stata di 1,20 con donanemab e 1,88 con placebo (differenza -0,67) nella popolazione tau bassa/media e di 1,72 con donanemab e 2,42 con placebo (differenza -0,7) nella popolazione combinata. Anomalie di imaging correlate a versamento si sono verificate in 205 partecipanti (24,0%; 52 sintomatici) nel gruppo donanemab e 18 (2,1%; 0 sintomatico durante lo studio) nel gruppo placebo, e reazioni correlate all'infusione si sono verificate in 74 partecipanti (8,7 %) con donanemab e in quattro (0,5%) con placebo. Tre decessi nel gruppo donanemab e uno nel gruppo placebo sono stati considerati correlati al trattamento.
Commentando i risultati, Eric Widera della University of California e del Veterans Affairs Healthcare System di San Francisco ha affermato: «Una diagnosi accurata e tempestiva, una discussione ponderata su rischi e benefici personalizzati, e un'enfasi sulla gestione delle cure croniche non sono mai stati così importanti».
Intendeva la Tomografia ad emissione di positroni (Pet)?
L’esame più utilizzato per mettere in evidenza eventuali alterazioni anatomiche ippocampali o corticali caratteristiche della malattia di Alzheimer è la Risonanza magnetica, ma si studia da anni il modo di ottimizzare le analisi dei dati del metabolismo cerebrale attraverso il ricorso a un’altra tecnica, la Tomografia ad emissione di positroni (Pet).
Il punteggio sui test standardizzati sul decadimento cognitivo funziona che si deve raggiungere un minimo di punteggio per essere classificati sani. Sua nonna probabilmente non ha raggiunto il minimo quindi il test ha giustamente indicato lo stato di salute della paziente. Solo il test non è sufficiente per fare diagnosi di Alzheimer per questo le hanno fatto la PET di conferma
Tra i farmaci attualmente disponibili abbiamo quelli appartenenti alla famigia degli inibitori dell'acetilcolinesterasi che possono migliorare i sintomi della malattia e rallentarne temporaneamente la progressione, anche se c’è una notevole differenza tra paziente e paziente nel grado di risposta. Tra gli inibitori dell'acetilcolinesterasi ,che vengono attualmente prescritti gratuitamente da centri specializzati ai pazienti con malattia di Alzheimer di gravità lieve-moderata, sono il donepezil (Aricept o Memac), la rivastigmina (Exelon o Prometax) e la galantamina (Reminyl). L'efficacia di questi farmaci è simile, quello che cambia è la modalità di somministrazione (il donepezil va assunto in un'unica dose una volta al giorno, rivastigmina e galantamina più volte al giorno e a dosi crescenti) e il profilo degli effetti collaterali, quali nausea, vomito, diarrea (alcuni di questi farmaci vengono tollerati meglio degli altri, ma dipende sempre da paziente a paziente). Questo è il motivo per cui la dottoressa le ha detto di stare molto molto attenta agli effetti collaterali e di chiamarla subito in caso di problemi. Non c’è da insospettirsi ma solo da chiamarla e farle presente quanto ha osservato. La memantina (Ebixa) è generalmente utilizzata nelle forme medio-gravi e il fatto che contrasti l'accumulo di calcio all'interno del neurone non ha nulla a che vedere con le calcificazioni cerebrali (sono due fenomeni diversi). Per quanto riguarda il Neurassial è un integratore non un farmaco quindi non è stato sottoposto ad un’analisi così accurata sulla reale efficacia.
Grazie mille dott.sa farò venire mia madre a Brescia accompagnata da mio fratello.
Ci sono molti articoli sul nostro sito:
Un farmaco per l'Alzheimer avanzato
Allo studio un medicinale che ripristina le connessioni nervose
Morbo di Alzheimer_7755.jpg
Un nuovo farmaco ancora in fase di sperimentazione ha mostrato un'ottima efficacia nel contrasto del morbo di Alzheimer. Si tratta di un medicinale che punta a ripristinare le connessioni nervose danneggiate dalla patologia, e la sua efficacia è già stata testata su modello animale. Il farmaco si chiama NitroMemantine e combina due molecole già approvate dalla Fda americana.
Lo studio è a firma di ricercatori dell'Istituto di ricerca Sanford-Burnham ed è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).
www.italiasalute.it/7755/pag2/…
La marijuana contro l'Alzheimer
Il THC ne rallenta la progressione
Possibile prima arma vincente contro l’Alzheimer
Una molecola alla base della formazione delle placche
L’origine delle formazioni tossiche nel cervello che causano la malattia di Alzheimer è stata individuata per la prima volta da un gruppo di ricerca italiano, che ha pubblicato su Nature Communications l’importante scoperta.
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