Dott. Luigi Grosso - Ortopedico Traumatologo


Dott. Luigi Grosso - Ortopedico Traumatologo



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Una peculiare caratteristica della "Spalla dolorosa" è il dolore notturno. Questo è talmente frequente ed insistente che non lascia riposare durante tutta la notte o, in casi più lievi, può essere discontinuo.  Il risultato è che al mattino ci si sente molto spossati per non aver fatto un sonno "ristoratore".


Il dolore di spalla durante la notte ha le caratteristiche di un dolore sordo e si accompagna ad una rigidezza o senso di turgore alla spalla.  L'intensità del dolore aumenta quando si modifica la posizione che si è assunta a letto. Spesso è aggravato appena si tenta di muovere le braccia sopra la testa. E' per lo più accompagnato da una sensazione di intorpidimento e formicolio alle braccia e alle dita ed è proprio per questo motivo che il paziente può rivolgersi al medico curante "raccontando" tale sintomatologia in modo non "corretto e non completo" fuorviando il medico da precisi sospetti clinici.


Durante l'attività svolta presso l'"Ambulatorio di chirurgia di spalla e gomito" del P.O. San Gennaro della ASL NAPOLI1 CENTRO (di cui sono responsabile) giungono pazienti con presunta diagnosi di patologia cervicale mentre il vero problema era da identificare in una patologia della spalla. 


Questo post è dedicato a tutte quelle persone che, riconoscendosi in questa patologia dolorosa, possano acquisire elementi utili per esplicitare precisamente il loro problema al medico di medicina generale fornendogli tutti gli spunti utili per consigliare indagini diagnostiche anche sulle patologie della spalla.


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Per “SPALLA CONGELATA” s’intende una particolare patologia della spalla caratterizzata dalla notevole riduzione della escursione articolare.


Tale “rigidità” può essere:



  1. di origine idiopatica (non dovuta a cause esterne note, ovvero senza causa apparente) oppure

  2. di origine secondaria ( dovuta ad altre patologie)


 Vi è una grande varietà di termini utilizzati per identificare questa patologia:


1. capsulite retrattile
2. capsulite adesiva
3. spalla rigida
4. spalla contratta


Clinicamente questa particolare forma di malattia della spalla si presenta con 3 stadi:


- I° STADIO: fase dolorosa


- II° STADIO: fase di irrigidimento


- III° STADIO: fase di risoluzione


DOLORE


Nella prima fase il dolore è dominante e può comparire da subito. Il dolore di una spalla congelata può essere terribile, alcuni  pazienti riferiscono 10/10 su una scala di valutazione  del dolore. In linea di massima i sintomi sono:
• dolore notturno, specialmente quando si è sdraiati sul lato colpito
• dolore grave ed acuto nella parte anteriore della spalla, della durata massima di 40 secondi.
• dolore anche da semplici movimenti (sproporzionato rispetto all’ attività)
• dolore tende a irradiarsi per raggiungere la parte posteriore (indossando un cappotto, per   spazzolare i  capelli e l'incapacità ad eseguire anche il più semplice dei movimenti del braccio)
• dolore lungo il lato supero esterno del braccio


RIGIDITA’ e IMMOBILITA’


Sono questi i principali segni che accompagnano il dolore. E’ un  segno chiave per porre la diagnosi di una spalla congelata. Il braccio non si riesce a muoverlo né tantomeno ad alzarlo. La spalla rigida o bloccata permane tra le 48 ore fino a 4 settimane. Molte persone sono costrette a rinunciare al lavoro, a causa del dolore e della rigidità che può persistere per molti anni. Studi recenti indicano che anche dopo sette anni il 70% dei malati hanno ancora qualche problema persistente. La rigidità può anche non essere totale fino a diversi mesi. Questo tipo di rigidità non consente alcun movimento né attivo né passivo. E’ difficoltoso persino guidare, attendere alla propria igiene personale. La limitazione nel movimento può determinare dolore fin’anche dietro la schiena. Interessante, come fatto curioso, l’ aumento di odore delle ascelle.


FATTORI DI RISCHIO



  1. Postura ( nei soggetti con spalle curve ad esempio)

  2. Invecchiamento

  3. Uso intensivo della spalla (negli sport)

  4. Lavoro (nei lavori dove è molto utilizzata la spalla)

  5. Malattie (ad esempio il diabete)

  6. Traumi

  7. Tempi molto lunghi di immobilizzazione

  8. In casi particolari di frattura della clavicola o dell'omero

  9. Dopo chirurgia della spalla

  10. Dopo mastectomia con ricostruzione del seno


RISOLUZIONE


Ecco alcune delle tecniche di risoluzione della patologia:



  1. Fisioterapia (manipolazione, mobilitazione, ultrasuoni, laser, TENS, trattamento magnetico)

  2. Terapia farmacologica con cortisone. Utilizzo di corticosteroidi per via orale e/o infiltrazioni nello spazio extrarticolare (fuori l’articolazione) oppure nello spazio articolare (dentro l’articolazione)

  3. Manipolazioni sotto anestesia

  4. Blocco del nervo soprascapolare. E’ utilizzata in pazienti con dolore grave. Viene di solito eseguita 3 volte in 3 settimane. Ha dato un certo sollievo per il dolore, ma non fa nulla per affrontare la rigidità della spalla.

  5. Chirurgia artroscopica


 


E' chiaro che la vera soluzione del problema è programmare un progetto terapeutico che utilizzi con criterio tutte le tecniche suddette.


 





L'uso del cellulare ha sviluppato molto i contatti sociali grazie anche all'utilizzo di APP del tipoWhatsApp che è un'applicazione di messaggistica mobile molto conosciuta ed altre similari.



Pochi sanno però che esiste una patologia da uso smodato del cellulare che si chiama"Sindrome cubitale".


Tale patologia fa parte del grande capitolo delle Sindromi Canalicolari intendendo, con questo termine, una sindrome nervosa periferica caratterizzata dalla condizione anatomica di scorrimento di un nervo all’interno di un tunnel il cui pavimento è di solito costituito da uno o più elementi ossei e il tetto è rappresentato da formazioni aponeurotiche e/o muscolari.


Quella dell’intrappolamento del nervo ulnare al gomito rappresenta una delle più frequenti collocandosi subito dopo di quella del nervo mediano (Sindrome Tunnel Carpale).


Molti eventi traumatici – lievi o energici – possono essere causa di sofferenza del nervo lungo il suo decorso.


Chi fa molto uso del cellulare con il gomito flesso e conseguente microcompressione del nervo al gomito può produrre nel tempo la Sindrome cubitaleSindrome da compressione del nervo ulnare al gomito


che molto più semplicemente viene chiamata gomito del cellulare.





CHE COSA È LA TENDINITE CALCIFICA?


Con il termine di “Tendinite calcifica” s’intende una condizione patologica caratterizzata dall'accumulo di depositi di calcio nei tendini della cuffia dei rotatori della spalla (di solito il sovraspinoso).


Il termine è formato da due parole “Tendinite” e “Calcifica poiché corrisponde a due alterazioni biologiche dei tessuti ovvero:


1. componente infiammatoria (infiammazione del tendine in cui si formano ed accumulano i depositi di calcio)


2. componente calcifica (modificazione biochimica che provoca il deposito minerale).


CINGOLO SCAPOLO OMERALE



CALCIFICAZIONE TENDINEA

Il deposito di calcio è la vera ragione per cui questo problema produce dolore alla spalla, infatti, il calcio è molto irritante dei tendini ingenerale e della spalla in particolare. Vi sono però, alcuni autori che ritengono che le cellule tendinee vanno incontro ad un processo che si chiama "metaplasia" trasformando le normali cellule tendinee in cellule produttrici di calcio .


Il deposito di calcio, connesso allo stimolo infiammatorio, determina un rigonfiamento del tendine. E’ proprio a causa di tale rigonfiamento che, quando si eleva il braccio sopra la testa, si verifica una compressione del tendine sotto l’acromion.


CHI CONTRAE LA TENDINITE CALCIFICA?


Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che la prevalenza di tendinopatia calcifica è del 2,7% -22% e colpisce solitamente individui di età superiore ai 40 anni anche se la fascia di età maggiormente colpita si colloca tra i 30 e i 50 anni di età. Le donne di razza bianca sono colpite più frequentemente rispetto agli uomini. Sempre gli studi in quest’ambito, hanno potuto stabilire che c’è una predisposizione di alcuni individui rispetto ad altri. Infatti, sono maggiormente colpite le persone con problemi endocrini e dismetabolici come ad esempio pazienti con patologie della tiroide, affetti da diabete mellito, disordini ormonali e irregolarità del ciclo mestruale.


Interessante anche rimarcare come tale patologia si manifesti, in circa il 20% dei casi, nei pazienti con lesioni della cuffia dei rotatori ed in particolare in quei pazienti con profilo dell’osso acromiale curvo o ad uncino e nei soggetti che sono affetti da spalla congelata e capsulite adesiva.


Spesso sono proprio le lavoratrici domestiche ad esserne maggiormente colpite. Interessante anche notare che la calcificazione isolata si presenta abitualmente in soggetti anziani con età media di 65-66 anni e di sesso femminile.


QUAL’È LA CAUSA DELL’ORIGINE DI UNA TENDINITE CALCIFICA?


Pur non avendo dati certi sulle cause della formazione di una Tendinite Calcifica, vi sono però molte teorie accreditate. Una di queste, la più accettata, è quella che indica nella diminuzione di ossigeno al tendine della cuffia dei rotatori, come parte del processo di invecchiamento o forse a causa di fattori meccanici come la pressione sui tendini quando il braccio è sollevato sulla testa per molti anni.


Il processo di formazione della Tendinite Calcifica avviene in più fasi. Molto utile è stata l’esperienza dei chirurghi della spalla che hanno potuto confermare che questo processo si può stabilire in due fasi:


• la fase formativa


la fase di riassorbimento.


Nella prima fase le cellule del tendine vanno incontro ad un andamento di cambiamento chiamato metaplasia che permette la formazione di cristalli di calcio. Durante la seconda fase i tessuti cellulari e la normale risposta biologica del corpo riassorbe il calcio ed i tendini della cuffia guariscono.


I pazienti affetti da tendinite calcifica accusano solitamente dolore, ma questo compare per lo più durante la fase di riassorbimento. La ragione per cui le persone hanno dolore più spesso durante la fase di riassorbimento si ritiene sia dovuta al fatto che il deposito di calcio è in forte pressione all'interno del tendine.


Un dato interessante è quello emerso da uno studio che asserisce che molte persone, finanche il 75% della popolazione, possono essere portatori di tendinite calcifica, ma che questa possa essere indolore o non abbastanza grave da chiedere il consulto dello specialista.


La possibilità di sviluppare una Tendinite Calcifica all’altra spalla è di circa il 10% nei pazienti già ammalati. Anche se molti migliorano rapidamente, nella metà circa dei casi i sintomi sono sufficientemente importanti per imporre loro di assentarsi dal lavoro o dagli impegni domestici.


Quello che accomuna la maggior parte dei pazienti è il dolore e la limitazione funzionale del movimento della spalla fino alla rigidità.



DIAGNOSI


Il dolore è il sintomo più importante, più frequente e più costante. I pazienti, solitamente, si lamentano di dolore alla spalla soprattutto in corrispondenza della regione anteriore e/o laterale. Ad acuire il dolore, a volte anche in maniera lacerante, è il movimento di elevazione del braccio. E’ questo uno dei motivi per cui i pazienti tendono al riposo forzato del braccio.


Talvolta può sembrare che le persone abbiano perso il movimento del braccio e che si sia creata una rigidità di spalla ma questa rigidità è solo secondaria al dolore.


I pazienti si lamentano anche di debolezza muscolare e possono avere grave difficoltà ad alzare il braccio sopra la spalla. Il dolore può essere più o meno continuo e costante con puntate di esacerbazione. E’ importante rilevare che il dolore si manifesta con andamento anche notturno, indipendentemente dal movimento.


Un esame RDX (radiografia semplice) può essere sufficiente a mostrare depositi di calcio nella cuffia dei rotatori. La proiezione standard (quella antero posteriore semplice) può non essere sufficiente ed è per questo motivo che il chirurgo della spalla chiede la proiezione con braccio intraruotato ed extraruotato.


Utile anche l’esame ecografico e quelli più avanzati come la TC e RM. mostrano egualmente i depositi di calcio, ma non sono necessari per la diagnosi.



IMMAGINE RADIOGRAFICA DI UNA TENDINITE CALCIFICA (pallina in bianco)

 


COME SI CURA LA TENDINITE CALCIFICA?


La maggior parte dei pazienti possono essere trattati con tecnica conservativa cioè un trattamento non chirurgico. Tale atteggiamento è giustificato dal fatto che i depositi di calcio, in generale, sono riassorbiti e andare via nel corso del tempo. Generalmente, chi ne soffre, riacquisterà la normale funzione della spalla e la risoluzione del dolore dopo 2-3 settimane circa senza alcun trattamento. Secondo uno studio effettuato su pazienti affetti da Tendinite Calcifica, è stato visto che circa 1/3 di loro avrà una completa scomparsa dei depositi di calcio entro 3-10 anni.


Il trattamento non chirurgico può includere anti-infiammatori per via orale per trattare il dolore e la fisioterapia, nel caso che sia presente una certa rigidità o diminuzione del movimento. Altro farmaco molto importante è lo steroide (cortisone) per via infiltrativa nella spalla. Sia le infiltrazioni che i farmaci sono utili per il dolore, ma non vi è alcuna prova che possono accelerare il processo di riassorbimento del calcio.


E’ stato anche dimostrato che la terapia ad onde d'urto (ESWT) può essere un trattamento efficace ma non condiviso da molti chirurghi della spalla per i suoi indubbi effetti collaterali.


Altri trattamenti, meno comunemente usati, includono la terapia di “shock ultrasuoni e agoaspirazione". Questa tecnica prevede l’inserimento di aghi di grandi dimensioni nei depositi di calcio, con l’aiuto della ecografia, con il criterio di aspirare il calcio. Alcuni sostengono che anche il cortisone + la ionoforesi può essere utile per alleviare il dolore e riassorbire di calcio.


Quando il trattamento conservativo non produce il miglioramento previsto ecco che può essere necessario l’intervento chirurgico per risolvere il dolore. Questo diventa indispensabile per tutti quei casi in cui i mezzi descritti prima non sono stati di aiuto e ciò si verifica in circa nel 10% dei casi e dopo sei mesi circa di trattamento conservativo.


Solitamente viene utilizzata la chirurgia artroscopica per rimuovere i depositi di calcio. La rimozione artroscopica dei depositi di calcio è un metodo molto affidabile di trattamento ed ha successo nella maggior parte dei pazienti..


In alcune persone, tuttavia, i sintomi possono persistere, principalmente dolore.


 


BIBLIOGRAFIA



  • Porcellini G et al: "Trattamento artroscopico di calcificazione tendinite dei risultati shoulderL clinici ed ecografici di follow-up a due a cinque anni." J Surg Spalla e del gomito. Settembre / ottobre 2004; 503-50

  • Harvie P et al: Spalla J Surg e gomito: "Tendinite calcifica di storia naturale e di associazione con patologie endocrine.». Marzo / aprile. 2007; 169-173.

  • Oliva F. et al: "Tendinopatia calcifica dei tendini della cuffia dei rotatori". Sports Med. Artroscopia Rev. (www.sportsmedarthro.com) vol. 19, N. 3, settembre 2011;. 237-243





Capita di frequente che lo specialista della spalla proponga al paziente delle iniezioni di sostanze farmacologiche nella spalla e quasi sempre la risposta del paziente è che il farmaco da iniettare sia il cortisone e che tale tecnica terapeutica sia stata già effettuata da altri senza ottenere i benefici previsti.


Questo articolo ha il compito di chiarire uno degli aspetti più delicati nell’approccio terapeutico al paziente sofferente di spalla al quale viene indicato un trattamento iniettivo locale.


 


NOZIONI GENERALI


Al fine di ottenere una risposta adeguata nella proposta terapeutica per una determinata patologia della spalla si rende necessario, a volte, l’utilizzo di sostanze farmacologiche ad uso locale da iniettare in precise regioni anatomiche.


E’ molto importante che gli utenti sappiano che non esiste una sola regione dove iniettare il farmaco maesistono diverse regioni e che non esiste una sola sostanza che viene iniettata ma diverse sostanze farmacologiche da usare per il tipo di patologia da trattare. Altresì è importante conoscereCHI deve iniettare tali sostanze, COSA iniettare, COME iniettare, DOVE iniettare, quandoiniettare il farmaco scelto e QUANTE iniezioni effettuare:


a) CHI


non è difficile percepire una certa perplessità del paziente su chi deve fare l’iniezione; nella stragrande maggioranza dei casi mi sento dire: il medico di famiglia, il fisiatra, l’infermiere, ecc. E’ bene stabilire che l’iniezione nella spalla dovrebbe farla lo specialista della spalla ovviamente o al massimo l’ortopedico insomma colui che ha proposto tale trattamento. Se le sostanze sono iniettate non correttamente e nelle regioni precise, possono creare e provocare molti problemi come la lesione della cuffia dei rotatori e il rischio di ulteriore rottura del tendine e/o danni ai tendini. Bisogna che si faccia un distinguo sulla tecnica definita “mesoterapia” che è una tecnica di somministrazione per via intraepidermica, intradermica superficiale e profonda, e sottocutanea o ipodermica e che, essendo diversa e usata per motivi diversi, può essere fatta da altri.


b) COSA


sono molti e diversi i farmaci che vengono iniettati:



  • i corticosteroidi, sono stati storicamente le sostanze maggiormente utilizzate per il passato. Il loro uso è dovuto al fatto che hanno una potentissima azione antinfiammatoria unita al fatto che sono farmaci molto economici. Alcuni autori (Buchbinder, Cochrane, Plafki, Blair) asseriscono che l’efficacia dei cortisonici è di breve durata ed hanno una risposta di solo il 50-85% sul dolore. Il cortisonico per eccellenza è il Triamcinolone (Kenacort) in misura di 40mg tuttavia gli specialisti utilizzano quasi sempre l’associazione Metilprednisolone+Lidocaina (Depo-Medrol+Lidocaina). Tuttavia il trattamento con corticosteroidi non è scevro da effetti collaterali. Oltre ad avere azione proteolitica (processo di degradazione delle proteine), hanno anche l’effetto di inibire la formazione di collagene (elemento indispensabile sia per la cartilagine che per i tendini). Un altro effetto collaterale è che si può sviluppare, abbastanza di frequente, un dolore post-iniezione che può durare fino a 24 ore. Altri effetti sono una sensazione di calore e/o bruciore nella sede di iniezione.  

  • l’acido ialuronico è un’altra sostanza molto utilizzata; si è dimostrata molto efficace in caso di terapia per lesioni della cuffia dei rotatori e della cartilagine articolare. Vi sono diversi prodotti a base di ac. Ialuronico che differiscono in particolare per il peso molecolare. L'acido ialuronico si trova: nell'umor vitreo dell'occhio, nel liquido sinoviale, nella pelle, nella cartilagine, nei tendini, nel cordone ombelicale, nelle pareti dell'aorta. Ha proprietà  viscoelastiche ed agisce anche come ottimo lubrificante per le articolazioni ma non è per questo motivo che viene utilizzato. Molti sostengono che tale sostanza ha dimostrato di avere anche un effetto antinfiammatorio con un meccanismo biochimico riducendo i livelli di prostaglandine, interleuchina, radicali liberi e AMP ciclico.Oltre all’effetto principale del loro utilizzo (stimolare la produzione endogena di Acido ialuronico), ha un effetto barriera dei recettori del dolore sulle superfici sinoviali. Per tale motivo sembrerebbe che il loro effetto antidolorifico sia più duraturo dei corticosteroidi.L’ac. Ialuronico sembrerebbe indurre anche l’attivazione dei recettori oppioidi K (da un recente lavoro di: Zavan B, Ferroni L, Giorgi C, Calò G, Brun P, Cortivo R, Abatangelo G, Pinton P)

  • il plasma ricco di piastrine (PRP) è un'altra sostanza che ha ricevuto molti consensi in questi ultimi anni. Il PRP è un concentrato di piastrine presi dal paziente. Le piastrine hanno un'alta concentrazione di fattori di crescita e pertanto sono coinvolte nella guarigione di molti tessuti. Un’atra importante caratteristica è che hanno la capacità di gestire il sistema immunitario e, quindi, ridurre il dolore. Il procedimento è piuttosto semplice e comporta il prelievo di sangue dal paziente, la centrifugazione delle piastrine in un concentrato. Le piastrine vengono attivate e poi il concentrato viene iniettato nella zona della lesione.
    Anche se i dati di laboratorio affermano che vi sono un sacco di benefici del PRP, in campo clinico la risposta non è ancora sufficientemente valida nel trattamento delle lesioni della cuffia dei rotatori. Altri studi invece, anche se effettuati in campioni ridotti di pazienti, confermano buoni risultati nelle tendinopatie. Sufficientemente dimostrato è il loro ruolo nella guarigione delle lacerazioni parziali (tale tecnica va eseguita sotto controllo ecografico).

  • le cellule staminali; questa è un’altra sostanza ancora in via sperimentale. Si stanno conducendo numerosi studi in proposito soprattutto in America ed i risultati sembrano dare molto speranze.

  • la lidocaina; anche questa sostanza è oggetto di studio per il trattamento della lussazione di spalla (Tamaoki MJ, Faloppa F, Wajnsztejn A, Archetti Netto N, Matsumoto MH, Belloti JC: “L’efficacia dell’iniezione intra-articolare di lidocaina nella riduzione della lussazione anteriore della spalla: studio clinico randomizzato” – 2012).


c) COME


nella stragrande maggioranza dei casi, le iniezioni sono effettuate senza l’ausilio di mezzi di supporto tecnico visivi (ecografia, ecc). Chiaramente tutto dipende da cosa si vuole iniettare e dove si vuole iniettare.L’iniezione di sostanze farmacologiche nello spazio sottoacromiale non richiede l’uso di supporto tecnico visivi poiché tale iniezione è abbastanza semplice. Di solito viene effettuata per via posteriore alla spalla ma vi sono alcuni specialisti che preferiscono la via laterale o anteriore secondo la loro personale esperienza e giudizio tecnico/terapeutico. Quello che bisogna sapere è che la Borsa Subacromiale è collocata anteriormente per cui se si sceglie la via posteriore bisogna che l’ago sia abbastanza lungo da arrivare fin dove è situata.L’esperienza dello specialista rende possibile anche la percezione di aver centrato l’obbiettivo e quando questo accade egli sente una certa resistenza durante la spinta del liquido nella sede stabilita. Anche la quantità del liquido è una scelta precisa dello specialista.
Ho letto che le percentuali di precisione di tale tecnica differiscono dal diverso tipo di approccio. Si passa, infatti, da circa 80% di precisione per la via posteriore al 70% per la via laterale e questo si è potuto stabilirlo mediante uno studio condotto sulla rilevazione della scomparsa del dolore.
Molti autori hanno condotto studi incrociati effettuando iniezioni con e senza l’ausilio di mezzi tecnici visivi. La conclusione di tali studi ha potuto dimostrare che la tecnica eco-guidata è risultata essere più precisa e con migliori risultati rispetto alla tecnica senza l’uso di strumenti tecnico visivi.
Altri studi, tuttavia, dimostrano in modo significativo che i dati sopra menzionati sono abbastanza confutabili.


 


d) DOVE


è questo uno dei punti di forza dell’ottimo risultato di un trattamento infiltrativo. La regione dove iniettare è come se fosse un bersaglio, se l’ago punta al centro di questo bersaglio allora l’effetto terapeutico è garantito ma se si va fuori bersaglio il risultato può essere scadente o addirittura inefficace. Il bersaglio non è sempre lo stesso ma varia a seconda del problema da affrontare. Le patologie della spalla sono molteplici ed una volta stabilita la diagnosi si decide se è il caso di fare delle infiltrazioni e a questo punto lo specialista sa esattamente dove deve andare a colpire. I bersagli sono tanti e possono essere: lo spazio sottoacromiale (la borsa sub acromiale per intenderci), lo spazio sottoscapolare, lo spazio articolare acromion/claveare, lo spazio articolare scapolo/omerale, la cuffia dei rotatori, i tendini, ecc. E’ palesemente comprensibile che se si sbaglia la diagnosi si sbaglia anche il tipo di regione anatomica da infiltrare.


IMMAGINI RELATIVE AD INIEZIONE IN ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE
 

e) QUANDO


non credo che si possa stabilire con certezza un momento preciso in cui effettuare una iniezione poiché tale decisione dipende da diversi fattori che solo lo specialista che segue il paziente può stabilire. Una regola da tener certamente presente è che è un errore continuare in una fisioterapia riabilitativa quando c’è dolore non corrispondente all’attività riabilitativa.
Il dolore “diverso” da quello codificato nella comune pratica riabilitativa dovrebbe indurre il fisioterapista a consigliare un controllo dello specialista al fine di stabilire se è il caso o meno di effettuare delle infiltrazioni.


 


f) QUANTE


non c’è un numero stabilito di iniezioni poiché non ci sono dati sufficientemente validi per porre una linea terapeutica precisa; gli specialisti ritengono che tre iniezioni siano il numero giusto. Si stabilisce di volta in volta la frequenza settimanale. Non è stabilito neppure se tale numero di iniezioni sia il limite massimo in un anno o in tutta la vita. Per tale motivo viene demandato allo specialista ogni ulteriore decisione in merito in base al proprio giudizio medico e alla propria esperienza.


 


PATOLOGIE DELLA SPALLA CHE POSSONO GIOVARSI DI TALE TRATTAMENTO


Prima di fare un elenco delle patologie della spalla trattabili con questa tecnica, comincerei con il fare la differenza tra patologie infiammatorie e degenerative


Le prime sono caratterizzate dal fatto che possono presentarsi a qualsiasi età proprio perché riconoscono un eziopatogenesi acuta su base infiammatoria mentre le seconde sono a carico di persone per lo più che hanno superato i 60 anni di età e che hanno sviluppato una patologia prevalentemente artrosica a carico delle principali articolazioni della spalla (la scapolo omerale e l’acromion claveare).


a) Borsite subacromiale: i pazienti appartenenti a questo gruppo hanno, di solito, notevole dolore durante le ore notturne; manifestano difficoltà ad alzare il braccio sopra il livello della spalla ed hanno restrizioni nel corso della giornata per le comuni esigenze quotidiane di movimento della spalla. Tipico in questi casi il segno di impingement (segno di Neer) che si manifesta con dolore sollevando il braccio anche solo di 90°. Lo scopo di iniettare un farmaco antinfiammatorio nella borsa subacromiale è quello di ridurre l'infiammazione della borsa fino alla sua risoluzione ottenendo così la scomparsa del dolore e permettendo un buon recupero riabilitativo al movimento del braccio. Nel percorso riabilitativo il fisioterapista tende al recupero sia del ricentramento della spalla ma anche del rafforzamento dei muscoli della cuffia dei rotatori ed un buon posizionamento posturale della scapola.


b) Sindrome da conflitto subacromiale: tale patologia comporta una sofferenza della cuffia dei rotatori conseguente ad impingement meccanico e consequenziale compressione della borsa subacromiale tra la cuffia dei rotatori, l'acromion e il legamento coraco-acromiale. Tra gli effetti di questa patologia vi è anche lo sviluppo di una borsite subacromiale con ulteriore incremento del dolore e conseguente ulteriormente impingement e disfunzione della cuffia dei rotatori instaurandosi una sorta di circolo vizioso. In sintesi, i pazienti con conflitto subacromiale (impingement) sono sofferenti abbastanza da influenzare il loro sonno notturno.  


c) Tendinopatie cuffia dei rotatori (CDR):vi sono differenze fondamentali quando si pone diagnosi di una tendinopatia della CDR. Questa può essere sia di origine infiammatoria che degenerativa. Quelle di origine infiammatoria, definite tendiniti e tenosinoviti, possono avvalersi di iniezione di antinfiammatori ma quelle di origine degenerativa, laddove è presente una piccola lacerazione o lesione totale della CDR, necessitano di sostanze come l’ac. Ialuronico (una delle sostanze con il miglior risultato). Anche l’uso di PRP ha mostrato buoni risultati nei difetti tendinei ma per questo tipo di sostanza si consiglia di effettuare tale metodica con l’ausilio di supporto tecnico visivo (ecografia)


d) Borsite sottoscapolare: anche in questo caso è la borsa sottoscapolare ad essere infiammata procurando dolore soprattutto nei movimenti di intra ed extrarotazione del braccio. Come per la borsite subacromiale anche in questo caso, trattandosi di un processo infiammatorio, sono molto utilizzati i corticosteroidi.


e) Artrosi acromion claveare, scapolo omerale e sterno claveare: la superficie articolare di queste 3 articolazioni è diversa ed è ben comprensibile che quella scapolo omerale è di gran lunga maggiore rispetto alle altre due. Per tale motivo il quantitativo da iniettare è diverso a seconda dell’articolazione da trattare. Il farmaco di scelta è l’ac. Ialuronico o in alternativa il PRP.


f) Artrite e capsulite: queste due patologie sono abbastanza complesse da chiarirle in pochi righi (ad esempio solo l’artrite può essere di origine metabolica, traumatica, infettiva, autoimmune, idiopatica); quello che è importante conoscere è che vengono affrontate a seconda della loro precisa eziopatogenesi in modo ben differenziato


  


IL MIO PERSONALE APPROCCIO


Quando giunge un paziente nel mio ambulatorio con un problema alla spalla, per me quel paziente è unico nel senso che ha una sua storia di vita con una sua precisa personalità ed una sua precisa formazione psichica.


Per tale motivo non prendo mai decisioni terapeutiche senza aver prima avuto un colloquio informale a carattere generale non disgiunto però dalla raccolta della storia clinica della sua patologia.


Dopo aver fatto la summa dei dati clinici e strumentali , tengo in considerazione anche delle esigenze specifiche del paziente da trattare ed elaboro un programma terapeutico che è costruito esclusivamente per lui.


In questo programma stabilisco se vi è indicazione di iniezione di sostanze farmacologiche nella spalla. E’ chiaro che in un paziente giovane, con esigenze funzionali precise e con prestazioni di un certo livello mi oriento più verso una scelta di tipo chirurgico, se necessario, mentre in un paziente over 60 con basse richieste funzionali e poco disponibile ad intervento chirurgico mi oriento per un trattamento conservativo utilizzando la tecnica di iniezioni di sostanze mediche.


La decisione di utilizzare supporto tecnico visivo - ecografia per esempio - la stabilisco volta per volta secondo le necessità in rapporto alla patologia da trattare ed il tipo di medicinale utilizzato. Nella maggior parte dei casi eseguo le iniezioni alla “cieca” per così dire limitando a casi selezionati l’utilizzo di supporto visivo idoneo. In pazienti selezionati, già sottoposti ad intervento chirurgico alla spalla, preferisco effettuare iniezioni con supporto visivo.


Ho fatto esperienza che i pazienti in età avanzata più difficilmente accettano l’intervento chirurgico ed in questi casi cerco di valutare in modo equanime il rapporto rischio/benefico di ogni possibile trattamento e sull’efficacia di quel trattamento cercando di trovare la soluzione più vantaggiosa per quel paziente.


Al contrario, nei pazienti giovani e atleticamente validi, sono più pressato ad una soluzione chirurgica del loro problema.


Come sempre nella mia vita professionale e non mi guida il detto: “Sero poenitet quam quam cito poenitet qui in re dubia nimis cito dicernit” (Tardi benché rapidamente si pente colui che nell’incertezza rapidamente decide).


 


BIBLIOGRAFIA 


1. Milgrom C, Schaffler M, Gilbert S. Rotator-cuff changes in asymptomatic adults. The effect of age, hand dominance and gender. Journal of Bone and …. 1995;


2. Seitz AL, McClure PW, Finucane S, Boardman ND, Michener LA. Mechanisms of rotator cuff tendinopathy: intrinsic, extrinsic, or both? Clin Biomech (Bristol, Avon). 2011 Jan.;26(1):1–12. 


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7. Lo IK, Burkhart S.S., arthroscopic repair of massive, contracted,immobile rotator cuff tears using single and double intervals slides: technique and preliminary results. Arthroscopy, Jan 2004.


8. Lo IK, Burkhart S.S.: the interval slide in continuity: a method of mobilizing the anterosuperior rotator cuff without disrupting the tear margins. Arthroscopy; 2004 , Apr.20





Le “lesioni massive della cuffia dei rotatori” sono definite anche “irreparabili” ed appartengo all’ultimo stadio della classificazione sulle lesioni della cuffia (leggi articolo MEDICITALIA “Lesioni della cuffia dei rotatori” ).


Il significato “irreparabili”scaturisce dal fatto che tali lesioni prevedono la rottura di 2 o più tendini che staccandosi dalla loro inserzione sulla testa dell’omero si retraggono a tal punto che diventa impossibile riposizionarli nella loro sede naturale quando si effettua un intervento chirurgico per via artroscopica della spalla. In questi casi ruolo estremamente importante è il grado di degenerazione grassa dei muscoli (elemento importante per un giudizio di operabilità). 


In realtà, il termine “irreparabile” pone alcune perplessità di interpretazione poiché letteralmente starebbe a significare che tali lesioni non sono suscettibili di trattamento in quanto “non riparabili” ma, in effetti, oggi sono state messe a punto nuove tecnologie in grado di consentire l’ intervento chirurgico ripartivo e, quindi, di correggere in qualche modo il danno.



Scopo di questo articolo è quello di dare unainformazione aggiornata sulle nuove proposte di chirurgia nelle lesioni massive irreparabili della cuffia dei rotatori.


Le lesioni massive della CDR rappresentano ancora oggi una sfida per il chirurgo!


 


QUAL'È LO SCOPO DI OPERARE UNA LESONE MASSIVA?


Sono molti i motivi che spingono il chirurgo a porre indicazione chirurgica, tra questi:


Alleviare il dolore


Migliorare la funzione della spalla


Ridurre il rischio di artropatia da lesione della CDR


 


COSA BISOGNA TENER PRESENTE QUANDO SI AFFRONTA TALE PROBLEMA?


Che è una patologia ancora complessa da affrontare


Che i tempi operatori per l’intervento chirurgico sono ancora troppo lunghi


Che richiede dell’impiego di grandi risorse sia umane che tecniche


Che i risultati sono spesso di scarsa soddisfazione


Che non sempre è ben accetta dal paziente (compliance)


 


QUALI SONO LE INDICAZIONI TERAPEUTICHE PROPOSTE?


La cuffia dei rotatori è fondamentale per il normale movimento della spalla. Tuttavia gli attuali orientamenti che vengono proposti stabiliscono che se la lesione si verifica in un paziente giovane o meno giovane (generalmente di età inferiore ai 65-70 anni) ma attivo e con precise richieste funzionali è necessaria una riparazione chirurgica. Negli altri casi è da valutare volta per volta.


Uno “strappo” della cuffia dei rotatori si riscontra nella popolazione senile (over 65-70 anni) come normale processo di invecchiamento e si può verificare più rapidamente in alcune persone a causa di fattori genetici predisponenti. In queste persone il dolore si instaura non in maniera acuta ma lentamente nel tempo e va di pari passo con l’entità della lesione. Questi pazienti possono essere gestiti con trattamenti non chirurgici mediante diverse metodologie terapeutiche (farmaci, infiltrazioni, fisioterapia, ecc.) e solo in casi selezionatissimi con la chirurgia artroscopica (debridement , lavaggio articolare,ecc.).


Una riparazione chirurgica della CDR (cuffia dei rotatori) rischia di fallire, se l’indicazione è riposta male, a causa della scarsa qualità del muscolo e del tendine.


A volte i due gruppi si sovrappongono, è il caso, ad esempio, di un soggetto che avendo una lesione della cuffia per normale invecchiamento improvvisamente si rompe ancor di più a seguito di una caduta. In questo paziente il dolore e la debolezza diventano molto più intensi ed insopportabili fino al “blocco del movimento della spalla”.


Può risultare difficile per un chirurgo, stabilire prima dell’ intervento che la qualità muscolare e tendinea della cuffia sarà sufficientemente robusta per sopravvivere ad una riparazione.


Proprio per questo motivo il tasso di fallimento di riparazione della cuffia dei rotatori è tra il 12 e il 25% nella maggior parte degli studi. Tuttavia, nonostante il fallimento della riparazione, c'è ancora un miglioramento del 95% nel miglioramento sul sintomo dolore.


Molti studi affermano che i risultati delle riparazioni effettuate a cielo aperto e quelle per via artroscopica sono uguali. Quello che fa la differenza sono le complicanze, infatti, il rischio di infezione è significativamente superiore con la tecnica a cielo aperto. Purtroppo non tutti i chirurghi hanno le competenze e le strutture per effettuare riparazioni per via artroscopica.


La rigidità post-operatoria è una complicanza abbastanza comune. E’ questo un evento destabilizzante per i paziente perché pur risolvendosi spesso spontaneamente, può durare però anche 12-18 mesi per un completo recupero.


 


Una consiglio da tenere sempre a mente è quanto scritto a tal proposito dal Prof. Burkhart Stephen su “ Arthroscopy (Vol . 17, N°9, 2001: pp 905-912): “ ….i RISULTATI delle riparazioni tendinee sono INDIPENDENTI DALLE DIMENSIONI della lesione stessa … Le lesioni U-shaped riparate con il concetto della convergenza dei margini hanno risultati paragonabili alle lesioni tipo Crescent riparate direttamente tendine-osso…” .


Tale affermazione (logicamente comprensibile allo specialista), mette in evidenza come certi atteggiamenti di “super correzione” non sono bilanciati dai risultati per cui è preferibile la dottrina: “Miglior risultati a ridotte complicazioni”.


 


Quali sono le tecniche chirurgiche proposte?


La reinserzione tendinea può essere effettuata con diverse tecniche chirurgiche:



  1.  Chirurgia tradizionale a cielo aperto


E’ questa una tecnica chirurgica “classica” intendendo una procedura che prevede il taglio della cute e la dissezione dei tessuti sottostanti fino ad arrivare in articolazione e identificare la lesione della cuffia e ripararla.



  1.  Chirurgia mini open


E’ una procedura più o meno simile alla precedente solo con un taglio della cute di dimensioni più piccole e quindi anche dei tessuti sottocutanei (meno invasiva).



  1.  Chirurgia artroscopica/mini open combinata


Questa tecnica consiste nell’utilizzare ambedue le metodiche: quella aperta (mino open) e quella artroscopica. Personalmente è quella che preferisco. Prevede l’utilizzo di sistema che si chiama “Rota-LokTM System”. Questo è un nastro (poliestere biocompatibile) a tessitura aperta che tirando la cuffia fa in mado di coprire parzialmente la porzione superiore della testa omerale. La tessitura aperta del nastro facilita la crescita dei tessuti per accelerare la guarigione nella regione dello strappo. E’ una tecnica abbastanza facile, rapida ed efficace nel prevenire l’impingement e alleviare il dolore associato nonché a ripristinare e migliorare il ROM e di conseguenza la qualità della vita del paziente.
Tale tecnica si può utilizzare (INDICAZIONI) in tutte quelle lesioni della CDR retratte massive solo se la lesione della CDR non si mobilita fino al sito di inserzione ossea mentre è controindicata quando c’è artrosi gleno-omerale primaria con rigidità o precedente storia di lussazione recidivante con instabilità o stato infiammatorio grave con tessuto debole.


 IN QUESTE IMMAGINI SI PUÒ NOTARE IL NASTRO DEL SISTEMA "ROTA-LOK" CHE È STATO GIÀ
PASSATO ATTRAVERSO LA CUFFIA DEI ROTATORI E DEVE SOLO ESSERE ANCORATO ALLA TESTA OMERALE.

 


QUALE TRATTAMENTO POST OPERATORIO?


L’intervento chirurgico è solo una parte del percorso terapeutico. Molto importante è anche il post operatorio. Il chirurgo deve fornire una terapia medica adeguata e dare delle precise informazioni . In sintesi:



  1. Terapia medica come di prassi:


    1. Antibiotici

    2. Eparina a basso peso molecolare

    3. Integratori del tessuto tendineo

    4. Altri da stabilire volta per volta

    5. Ghiaccio per uso locale


  2. Deve essere dimesso con:


    1. precise istruzioni sulla riabilitazione.

    2. preciso programma di riabilitazione


  3. Programma di riabilitazione


    1. deve essere gestito e controllato da un fisioterapista specializzato

    2. I movimenti ROM di riabilitazione sono eseguiti entro un campo di movimento libero da dolore.


  4. Avvertimenti per il paziente


    1.  non superare i livelli di attività prescritte

    2.  non sovraccaricare la riparazione effettuata prima che si sia verificata la completa guarigione

    3. controllo clinico immediato in caso di dolore improvviso



 


QUALE TIPO DI FISIOTERAPIA OCCORRE FARE E QUALI I TEMPI DI RECUPERO?


Dal 1° al 5° giorno


a) Il braccio è conservato in un tutore


b) sono ammessi il movimento delle dita, del polso e del gomito.


Dal 5° al 14° giorno


a) Il braccio è mantenuto in modo intermittente un tutore


b) cauta mobilitazione spalla attiva e passiva tra cui esercizi a pendolo sono autorizzati a


c) prevenire aderenze tissutali.


d) I punti vengono rimossi se la guarigione della ferita è soddisfacente.


Dal 15° al 42° giorno


a) esercitazioni assistite e isometrica attivi sono adeguate in questa fase.


Dal 42° giorno in poi (dalla 6° settimana)


a) progressione graduale degli esercizi


b) In accordo con il fisioterapista è consentito il ritorno alla normale attività.


 


BIBLIOGRAFIA



  1. Boileau B., Brassart N., Watkinson D., Carles M., Hatzidakis AM. ,Krishnan SG. (2005) 'arthroscopic Repair of Full-Thickness Tears of the supraspinatus: Does the tendon Really Heal?' Journal Bone Joint Surgery (Am.) 2005;87:1229-1240

  2. Burkhart SS., Danaceau SM. and Pearce CE (2001) 'arthroscopic rotator cuff repair: Analysis of results by tear size and by repair technique-margin convergence versus direct tendon-to-bone repair' arthroscopy: The Journal of arthroscopic & Related Surgery
    Volume 17, Issue 9, December 2001, Pages 905-912

  3. Flurin P-H., Landreau PD., Gregory T., Boileau P., Lafosse L., Guillo S., Kempf J-F., Toussaint B., Courage O., Brassart N., Laprelle E., Charousset C., Steyer A., Wolf EM. 'Cuff Integrity After arthroscopic Rotator Cuff Repair: Correlation With Clinical Results in 576 Cases' The Journal of arthroscopic & Related Surgery, Volume 23, Issue 4, Pages 340-346

  4. Gartsman G., Khan M., Hammerman SM. (1998) 'arthroscopic Repair of Full-Thickness Tears of the Rotator Cuff' Journal of Bone & Joint Surgery; 80 (6): 832. (1998)

  5. Milgrom C, Schaffler M, Gilbert S. Rotator-cuff changes in asymptomatic adults. The effect of age, hand dominance and gender. Journal of Bone and …. 1995;

  6. Seitz AL, McClure PW, Finucane S, Boardman ND, Michener LA. Mechanisms of rotator cuff tendinopathy: intrinsic, extrinsic, or both? Clin Biomech (Bristol, Avon). 2011 Jan.;26(1):1–12. 

  7. Hashimoto T, Nobuhara K. Pathologic evidence of degeneration as a primary cause of rotator cuff tear. Clinical orthopaedics and …. 2003.

  8. Goutallier D. et all: influence of cuff muscle fatty degeneration on anatomic and functional outcomes after simple suture of full-thikness tears. JSES, 2003 Nov-Dic; 12





CENNI DI ANATOMIA


L’articolazione della spalla è una delle più mobili del corpo umano. Per questo motivo è una delle più complesse di tutto il sistema articolare. Un sistema, quello della spalla, che vede in gioco ben 5 articolazioni tutte insieme contemporaneamente:


1. scapolo omerale 
2. acromion claveare  
3. sub acromiale 
4. sterno costo claveare 
5. scapolo toracica


La spalla è composta da 3 ossa: OmeroClavicola e Scapola.
Queste sono collegate al corpo esclusivamente attraverso lo sterno e solo attraverso l’articolazione con la clavicola se si fa eccezione della articolazione virtuale della sub scapolare.


Attraverso un perfetto equilibri o di numerosi elementi muscolari, questi agiscono come“coppie motorie” in modo da tenerla nella sua normale posizione lungo assi di movimento che sono sostanzialmente riconducibili a tre principali:
- asse sagittale, dove avvengono i movimenti di abduzione ed adduzione;
- asse verticale, attorno al quale avviene la rotazione interna ed esterna;
- asse frontale,lungo cui si esegue l’anteposizione e la retroposizione.



La cuffia dei rotatori (CDR) è un gruppo di quattro tendini, con i rispettivi ventri muscolari, che sono:


1. Sovraspinoso (SSP)
2. Sottospinoso (STP)
3. Piccolo Rotondo (PR)
4. Sottoscapolare (SSC)


Questi si agganciano alla parte superiore dell’omero (elemento giallo della figura).



E’ proprio per effetto dell’azione di questi quattro tendini della cuffia che noi possiamo sollevare e ruotare il braccio, anche se è pur vero che tale movimento viene coadiuvato da un altro grande muscolo: il Deltoide (D).


I tendini scorrono sotto l'acromion (parte della scapola), dove sono molto vulnerabili per essere danneggiati. Quando questo succede comporta uno strappo della CDR che ha come risultante una risposta doloroso ed una debolezza della spalla.


 



INCIDENZA E CAUSE DELLE LESIONI



Le lesioni della cuffia si manifestano in un range che va dal 7% al 30% della popolazione. Sono indistintamente colpiti uomini e donne in una fascia di età compresa fra i 40 e i 50 anni.


Con la senilità anche la CDR va incontro ad invecchiamento della sua struttura anatomica e diventa suscettibile di cambiamenti di tipo degenerativo che ne modificano la resistenza. Quello che in un periodo di giovinezza può essere molto ben tollerato ecco che un semplice trauma o uno sforzo smisurato ed improvviso può essere deleterio in tarda età. Per tale motivo i tendini della CDR si fibrillano e/o si staccano dall’omero fino a produrre un difetto che si chiama “Lesione della cuffia dei rotatori”.



All’inizio non è veramente uno “strappo” completo ma solo una piccola perdita di fibre ma con il tempo si va formando una vera e propria lacerazione con perforazione a tutto spessore. La spalla, però, cerca di rimediare e non è difficile che una lesione della CDR può, nel 20-40% dei casi , essere asintomatica cioè senza dolore e dare soltanto un senso di debolezza in circa il 60% dei casi.


Sulla base di quanto descritto, si possono elencare le varie cause che rappresentano, allo stato attuale, l’eziopatogenesi maggiormente accreditata: 


1. Una caduta su braccio teso


2. Un progressivo indebolimento dei tendini della CDR associato spesso a “Sindrome da impingement” 


3. Scarso apporto di sangue alla CDR associato all’aumentare dell’età


4. Eccessive attività manuali stressanti coinvolgenti la spalla (professionali, sport, hobby)


5. Sforzi esageratamente insoliti della spalla dopo una vita sedentaria


 



CLASSIFICAZIONE


In base al danno che si viene a determinare si distinguono vari tipi di lesione della CDR che hanno consentito di poter stabilire una classificazione ben precisa:



1. PASTA lesion (Partial articular supraspinatus tendon avulsion) 


2. Lesione del sottoscapolare (SSC)


3. Lesioni parziali (fino a 2 tendini non retratte)


4. Lesioni massive (2 o più tendini retratte)


Questa classificazione è semplificata per essere più comprensibile.
Vi sono lesioni minime della CDR che possono essere a carico di 1 solo tendine (SSP, STS, SSC, PR) e lesioni parziali che comprendono 2 tendini senza però una retrazione della cuffia cioè sono ancora suscettibili di riparazione. Le lesioni di 2 o più tendini con retrazione della cuffia vengono anche definite “Lesioni massive della cuffia irreparabili”.



 


SINTOMATOLOGIA



Quando i tendini o muscoli della cuffia dei rotatori subiscono un deterioramento, il paziente manifesta una sintomatologia che varia a seconda della lesione.


Nelle lesioni semplici vi può essere solo una comparsa di dolore e un certo grado di debolezza. Con il sopraggiungere di lesioni complesse, cioè rotture sempre più ampie, il paziente non è più in grado di sollevare o ruotare il braccio così come poteva fare prima della lesione e ha dolore significativo associato con il minimo movimento della spalla. Una caratteristica di questa patologia è il dolore durante la notte. Tale dolore si irradia spesso lungo il braccio.


 


DIAGNOSI



I pazienti arrivano dallo specialista per lo più per il dolore che accusano soprattutto durante la notte. La debolezza muscolare non è un sintomo che induce a rivolgersi dallo specialista. Ma a parte questi sintomi che danno comunque delle informazioni diagnostiche al medico, una diagnosi si basa su esami strumentali attendibili come la RM (risonanza Magnetica). Tuttavia questa è una metodica di indagine costosa e non sempre accettata dal paziente.


Alternativa alla RM può essere l’Ecografia che deve essere effettuata solo da un medico specialista. Infatti se eseguita in maniera superficiale non dà gli stessi risultati.


Per un più accurato planning diagnostico e terapeutico è anche opportuno eseguire indaginiRDX (radiografiche). L’esplorazione radiografica della spalla, però, non è semplice poiché non è soltanto la proiezione antero posteriore che bisogna fare ma anche alcune particolari come:





  1. Transcapolare per outlet view (proiezione di Lamy)

  2. Intra ed extra rotazione

  3. Proiezione AP vera




 


PREVENZIONE DI UNA LESIONE DELLA CDR




a) Evitare attività generali di eccessivo sovraccarico muscolare della spalla.


b) Esercizi di tonificazione graduali e costanti nel tempo.


c) Non effettuare sport molto impegnativi per la spalla.


d) Non continuare ad usare la spalla in caso di movimenti dolorosi ma richiedere visita specialistica.




 




TERAPIA


La terapia di una lesione della CDR non è standard ma si differenzia dal tipo e dall’entità della lesione; ad esempio le lesioni complete della CDR vanno trattate nei giovani e nella media età in maniera chirugica; le lesioni incomplete vanno curate con trattamenti farmacologici, con infiltrazioni e con idonea fisiochineiterapia.


Fase iniziale


Antidolorifici e FANS (farmaci anti-infiammatori non steroidei) possono rappresentare un modello di scelta utile ma, successivamente, se il dolore e la debolezza muscolare dovessero persistere oppure si manifesta una forte riduzione del ROM (movimento articolare della spalla), allora è il caso di approfondire meglio l’iter diagnostico terapeutico con un consulto del Chirurgo della Spalla.


Sempre in una fase iniziale, anche una Fisioterapia cauta e mirata può sollevare dal dolore e dalla debolezza mantenendo la spalla in uno stato di benessere.


Fase intermedia


In alcuni casi la terapia con antidolorifici e FANS non è sufficiente ed allora vengono consigliate delle Iniezioni di sostanze a base di cortisone e/o ac. ialuronico da fare in articolazione. Tali iniezioni possono non essere risolutive del problema ma certamente mettono in condizione il paziente di giungere al tavolo operatorio in maniera più confortevole.


Fase finale 


Ultimo atto di un trattamento per lesione della CDR è l'intervento chirurgico. Bisogna, però, che si conoscano alcuni piccoli ma importanti principi. 



ARTROSCOPIA DI SPALLA


PORTALI DI ACCESSO (FORI ATTRACÌVERSO CUI SI ENTRA IN ARTICOLAZIONE)

La chirurgia deve essere considerata quale ultima possibilità terapeutica  laddove viene identificata una completa lesione della CDR.


Anche la chirurgia prevede una differenziazione di scelta terapeutica chirurgica a seconda del tipo ed entità di lesione. Si passa da una riparazione chirurgica effettuata per via artroscopia ad un intervento chirurgico che prevede il taglio della cute e dei tessuti sottocutanei. In quest’ultimo caso l’intervento si definisce a “cielo aperto”.


 


BIBLIOGRAFIA



1. Milgrom C, Schaffler M, Gilbert S. Rotator-cuff changes in asymptomatic adults. The effect of age, hand dominance and gender. Journal of Bone and …. 1995;


2. Seitz AL, McClure PW, Finucane S, Boardman ND, Michener LA. Mechanisms of rotator cuff tendinopathy: intrinsic, extrinsic, or both? Clin Biomech (Bristol, Avon). 2011 Jan.;26(1):1–12. 


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5. Gerber C. et all: effect on tendon released an delayed repair on the structure of the muscles of the rotator cuff: an experimental study in sheep. JBJS Am. 2004 Sept; 86-A


6. Tauro JC, arthroscopic repair of large rotator cuff tears using the interval slide technique. Arthroscopy, Jan 2004


7. Lo IK, Burkhart S.S., arthroscopic repair of massive, contracted,immobile rotator cuff tears using single and double intervals slides: technique and preliminary results. Arthroscopy, Jan 2004.


8. Lo IK, Burkhart S.S.: the interval slide in continuity: a method of mobilizing the anterosuperior rotator cuff without disrupting the tear margins. Arthroscopy; 2004 , Apr.20





Sarà capitato di osservare qualcuno che ha avuto difficoltà a mangiare oppure a guidare o semplicemente a vestirsi. Magari, se facciamo un po’ più di attenzione, ci accorgiamo che quella data difficoltà può dipendere da una diminuita articolarità del gomito. Infatti quella del gomito è un articolazione molto importante poiché interviene in più di una delle nostre attività quotidiane. Se poniamo la giusta attenzione, ci accorgiamo che per portare il cibo alla bocca occorre che il gomito si pieghi abbastanza per consentire alla mano di avvicinarsi.


 


Ebbene vi sono molte patologie che riducono tale articolarità fino a farla scomparire con gradi variabili: lieve, moderato, severo, grave , fino al blocco articolare.


Il gomito congiunge il braccio all’avambraccio e appartiene all’arto superiore.


Anche se è studiata come un’articolazione semplice, tra braccio e avambraccio, in realtà essa è composta di ben tre elementi anatomici: omero, ulna e radio tutti uniti da una propria articolazione.


I movimenti del gomito sono fondamentalmente di due tipi:


1- Flessione – Estensione: flessione del gomito fino a 145° e all’estensione fino a 0°.


2- Pronazione - Supinazione: pronazione è quello che consente di ruotare il palmo della mano in modo da mostrarne il dorso mentre quello di supinazione, al contrario, mostra il palmo della mano. Il ROM varia da 90° (pronazione) a 90° (supinazione).


 Nella la vita quotidiana, tuttavia, può essere sufficiente un ROM che va dai 130° in flessione ai 30° in estensione e di 50°-50° in prono-supinazione.


 


Le cause della riduzione della articolarità del gomito


La rigidità del gomito può essere suddivisa in: a) Congenita  b) Acquisita


In base all’origine anatomica sono classificate:



  • Origine intrinseca– dovuta a cause che sono all’interno dell’articolazione e che originano da alterazione delle superfici articolari e dell’osso sottostante; può essere primaria di origine genetica predisponente e non è infrequente osservarla in più soggetti appartenenti alla medesima famiglia; secondaria di origine autoimmunitaria, infettiva e postraumatica. 

  • Origine estrinseca– da cause che sono all’esterno dell’articolazione e che la circondano come la capsula, i legamenti, i muscoli e i tendini. Sono tutti quei casi in cui non sono coinvolte le superfici articolari. Fanno parte di questo gruppo anche le cause meno frequenti come le ossificazioni eterotopiche. Infatti, i tessuti periarticolari mostrano una tendenza a sviluppare ossificazioni rispetto ad altri. Infine quelle che interessano la cute quale esito cicatriziale e/o da ustioni e quelle da cause neurologiche:

  • Origine mista – quando sono entrambe le forme a essere la causa di gomito rigido.


Fattori di rischio di gomito rigido


Una delle cause più comuni di rigidità del gomito sono le lesioni che si producono a seguito di un trauma. Il rischio è legato non solo al tipo e all’entità del trauma subito ma anche dall’effetto che questo produce sulla cartilagine. Pur essendo molto comune dopo energici traumi al gomito, di solito però migliora nel tempo.


Vi sono fattori che influenzano l’instaurarsi di una rigidità:



  • Prolungata immobilizzazione- un’immobilizzazione del gomito che va oltre i tempi prestabiliti predispone a un più alto rischio di sviluppare una rigidità.

  • Una sovrapposizione infettiva– qualsiasi danno subito al gomito che si complica con lo sviluppo di un’infezione è a maggior rischio di rigidità.

  • Predisposizione biologica congenita

  • Predisposizione psico-sociale


 


Diagnosi


La storia anamnestica completa deve essere quanto più meticolosa possibile e dovrebbe includere l'inizio, la durata, il carattere e la progressione dei sintomi.


E’ essenziale ricercare eventuali traumi pregressi con relativa diagnosi formulata; patologie concomitanti come l'emofilia con emartrosi derivanti o condizioni neurologiche che coinvolgono spasticità; trattamenti effettuati, chirurgici e non, ed eventuali complicazioni; decorso storico della rigidità. 


Si passa quindi all’esame obiettivo e le indagini strumentali che sono: 



  • Radiologia Standard, 

  • Tomografia Computerizzata(con ricostruzione 3D)

  • Risonanza Magnetica


Questi esami diagnostici sono in grado di fornire informazioni riguardo allo stato articolare, eventuale presenza di complicazioni dei tessuti intra ed extrarticolari, presenza di mezzi di sintesi e/o protesici.


Sintomatologia


Una delle caratteristiche più evidenti di una patologica rigidità del gomito è la difficoltà funzionale. Il paziente si rivolge al medico per lo più a causa di alcune difficoltà che riscontra nella vita quotidiana come: aprire la porta, vestirsi, mangiare, ecc..


Queste difficoltà sono dovute proprio alla riduzione nella flesso-estensione del gomito e alla riduzione della rotazione dell’avambraccio. Particolarmente interessante costatare che il dolore è per lo più assente e quando presente è importante valutarne le caratteristiche. 


Terapia


Non tutte le rigidità richiedono il trattamento chirurgico ma solo quelle che sono incompatibili con una funzione tale da consentire una certa vivibilità al paziente. Questo significa che lo specialista deve saper valutare bene alcuni parametri che sono: dolore e funzione. Gradi di flesso-estensione e prono-supinazione accettabili sono, come si è già detto, quelle comprese rispettivamente tra i 30˚-130˚ gradi e 100 di rotazione.


Finalità dell’atto terapeutico è di consentire il recupero funzionale ed eliminare il dolore.


Il trattamento incruento può essere adottato in tutti quei casi ove sussiste una buona articolarità, assenza di ossificazioni eterotopiche e minima rigidità. L’uso di Tutore articolato, con criteri di utilizzo particolari e codificati, rappresenta un valido sistema associato a una Fisioterapia, non troppo aggressiva, eseguita con esercizi passivi e attivi estremamente calibrati. Non va trascurata la terapia Farmacologica adeguata e finalizzata a una migliore accettazione.





Il gomito del tennista o epicondilite laterale (EL), e' una delle malattie del gomito piu' comuni viste da un chirurgo ortopedico.



E'  in realtà una tendinite - infiammazione -  del muscolo chiamato  estensore radiale breve del carpo che si fissa all' epicondilo laterale dell' omero prossimalmente mentre distalmente si ancora alla base del terzo osso m


etacarpale . Può essere causata da un trauma improvviso oppure mediante l'uso ripetuto del braccio (cosi come avviene nel tennista).


Molti medici ritengono che le micro rotture nel tendine conducono ad un fenomeno iper-vascolare con conseguente dolore. Il dolore e'  solitamente piu'  assoluto con il gomito in una posizione estesa mentre la mano agisce con una  presa forte.  Altri sintomi sono rappresentati dalla forza della mano indebolita, estensione del dito medio molto dolorosasoprattutto se contro resistenza. E' molto frequente nel tennista,  ma questo problema puo accadere nel golf ed in altri sport cosi come con uso ripetuto degli strumenti di lavoro.


 Il  TRATTAMENTO CONSERVATIVO e' indicato come primo atto terapeutico  e va fatta una prova per almeno sei mesi. Tale trattamento  consiste in un sostegno dell' avambraccio anteriore (fascetta per epicondilite)  e  nella   corretta  modifica   delle  attività  del  gomito.  Nella mia esperienza,  non  ho  trovato di alcuna  utilità  farmaci antinfiammatori o  terapia fisica.  Se il suddetto trattamento non riesce a risolvere il problema, un' iniezione di cortisonepuò essere vantaggiosa a curare la EL,  ma non più di tre iniezioni sono suggerite  durante un anno. Il trattamento conservativo consiste  in due fasi:



  • fase I    è la fase del  sollievo del dolore

  • fase II  prevenzione della ricadute. E' ugualmente importante e consiste in FKT equilibrata di recupero del tono muscolare, in modo tale che le micro rotture non accadranno piu' in avvenire.


 Il TRATTAMENTO CHIRURGICO è indicato quando il trattamento conservativo e' venuto a mancare. Molte procedure sono state descritte.  La procedura chirurgica più comune oggi, e' un' asportazione semplice del tessuto tendineo malato, radendo giù sull' osso ed il re-attachment del tendine. Ciò può essere effettuato con l'anestesia regionale (dove solo il bracccio viene addormentato) ed in regime di DAY SURGERY - attraverso un' incisione relativamente piccola di circa 3cm di lunghezza. In alternativa al "bisturi" esistono oggi anche trattamenti effettuati con "radiofrequenza". Con questa tecnica, circa  l'85-90% dei pazienti possono - in genere - effettuare le attività complete di lavoro e/o sport, senza dolore dopo un recupero di due/ tre mesi.  Solo Il 10-13% risente, purtroppo, del dolore soltanto durante le attività meccaniche del braccio molto aggressive mentre il  2-3% dei pazienti può non avere nessun miglioramento.


  Dr. Luigi Grosso


www.luigigrosso.net


 





La sindrome da conflitto sub-acromiale (dolore alla spalla che riduce i movimenti fino al blocco totale del braccio definita anche "OUTLET SINDROME") riconosce due cause che ne stabiliscono la classificazione in due quadri:


1.   OUTLET IMPINGEMENT (OS = Outlet Sindrome)


o sindrome da alterato defilé del sovraspinoso, è caratterizzata dalla presenza di un’alterazione del “tunnel” in cui scorre – appunto - il muscolo sovraspi­noso causata dal profilo dell’acromion che risulta curvo oppure uncinato (figura 1). 


2.   NON OUTLET IMPINGEMENT (NOS)


o sindrome da defilé conservato: in questo caso la patologia da conflitto è dovuta ad alterazioni della  struttura muscolo-tendinea della spalla.  In questi casi il profilo dell’ acromion risulta del tutto “NORMALE”.



La sintomatologia della sindrome da conflitto sub­acromiale varia in rapporto allo stadio di gravità ed è caratterizzata da dolori continui alla spalla, disabiltà progressiva e limitazione fun­zionale importante. Si parte da uno stadio iniziale:



  • 1° STADIO


di solito, si manifesta ad un’età inferiore ai 25 anni ed in genere consegue all’uso prolungato del braccio oppure dopo un trauma acuto. In questo stadio le lesioni sono          reversibili.



  • 2° STADIO


il dolore si fa più grave e con ulteriore riduzione dei movimenti della spalla. In questo stadio le lesioni possono non essere più reversibili. Infine



  • 3° STADIO


le lesioni tendinee sono complete ed accompagnate da degrado articolare sia osseo che legamentoso. L’ età tipica è sopra i 40 anni.


Come si fa diagnosi di “sindrome da conflitto sub-acromiale”?


L’iter diagnostico deve innanzitutto comprendere un’attenta valutazione clinica che includa tutte le prove (TESTS) e le manovre in grado di contribuire ad una corretta definizio­ne della patologia (tabella 1). Le  indagini strumentali utilizzabili nel conflitto sub-acromiale sono rappresentate essenzialmente dalla radiolo­gia standard, dall’ecografia, dalla TAC, dall’artro-TAC, dall’ RMN  e dall’artro-RMN. Il ricorso all’una o all’altra metodica andrà valutato caso per caso a seconda dell’indirizzo diagnostico e dei dubbi da fugare.


Come si cura la “sindrome da conflitto sub-acromiale”?


Il trattamento chirurgico è l’unica soluzione. Questo si avvale di due metodiche che risentono dell’esperienza del chirurgo e della scuola di pensiero. La “chirurgia a cielo aperto” (tagliando la pelle ed esponendo l’articolazione) è stata per lungo tempo l’unica opzione disponibile per aggredire chirurgica- mente il conflitto sub-acromiale.  Oggi, invece, ci si avvale della “chirurgia artroscopica” che risponde agli attuali principi della chirurgia ortopedica, in quanto mini-invasiva e, secondo la nostra esperienza, in grado di assicurare migliori risultati e una maggiore compliance. Tale tecnica è quella che viene utilizzata adesso presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ Ospedale S.Gennaro.


In che cosa consiste l’operazione di artroscopia di spalla?


Viene fatta una ANESTESIA LOCALE. Il paziente viene messo in una particolare posizione semiseduto (cosiddetta da astronauta) e l’intervento chirurgico viene effettuato  mediante 2-3 piccole incisioni che permettono l’inserimento dell’artroscopio (una sorta di microtelecamera) e di speciali strumenti per l’asportazione di tessuto infiammatorio o cicatriziale e di spine ossee. Durante l’intervento, il chirurgo esplora lo spazio e la borsa sotto-acromiale valutando l’integrità dei legamenti e dei tendini. Successivamente con microstrumenti specifici rimuoverà eventuali tessuti infiammati e/o   altre alterazioni, infine con uno strumenhto più aggressivo asporterà la porzione dell’osso acromiale che determina lo sfregamento sui tendini (acromioplastica).


Quello che è importante sapere è che durante la seduta operatoria, il chirurgo ispeziona anche l’articolazione della spalla che viene valutata interamente nella sua anatomia funzionale, creando i presupposti per una eventuale prevenzione di futuri danni.


Quale tempo di degenza in ospedale?


Il tempo che si resta in ospedale è uguale a quello per l’artroscopia di ginocchio, cioè: 1° giorno ricovero 2° giorno intervento e dimissione. Solo in caso di necessità (dolore-ematoma-altro) può prolungarsi di qualche giorno.


Cosa bisogna fare dopo la dimissione?


Al momento della dimissione, al paziente viene consegnato un promemoria che spiega la terapia farmacologia che deve fare oltre che il programma riabilitativo (esercizi di fisioKinesiterapia) che cominciano subito dopo l’intervento e si protraggono per circa 25-45 giorni dopo. Non è necessario nessun tutore di spalla né di particolari attrezzature di protezione. In casi eccezionali – in concomitanza di altre lesioni di spalla- potrà rendersi necessario un eventuale tutore. In questo caso, comunque,  dovrà essere portato al massimo per tre settimane.






La patologia della cuffia dei rotatori colpisce il 7-30% della popolazione, indifferentemente dal sesso.  


Le cause sono molteplici e il trattamento dipende principalmente dal tipo di lesione se in fase iniziale, intermedia o finale.  


Quando si realizzano condizioni patologiche che indirizzano per una scelta chirurgica di riparazione della cuffia, le tecnica può essere “Chirurgia per incisione cutanea” oppure “Chirurgia per via artroscopica” (in casi particolari la tecnica può essere mista).


Si è discusso molto, e ancora si discute, su quale delle due tecniche produce migliori risultati. Per far chiarezza su questo interessante dilemma è da poco uscito un lavoro pubblicato suThe Journal of Bone and Joint Surgery” di Maggio 2014 da Nathan A. Mall, M.D., et all. che riporta uno studio sui fattori positivi e negativi che influiscono la riparazione della cuffia dei rotatori. In questo articolo si afferma che:



  1. I fattori che incidono sulla guarigione sono: dimensione e sede della lesione, età avanzata, qualità e stato dei tessuti, quanto tempo prima dell'intervento si è verificata la lesione della CDR e la presenza di patologie associate come l’osteoporosi e il diabete mellito.

  2. I fattori che non incidono sulla guarigione sono: tipo di tecnica, uso di sostanze (PRP,ecc.)


Gli autori danno importanza al fatto che gli studi effettuati sui risultati ottenuti per la riparazione della cuffia dei rotatori si concentrano sovente sui risultati funzionali del paziente rispetto ad una guarigione biologica effettiva.


Risultati clinici e guarigione biologica effettiva non sempre sono collegati e la valutazione dei pazienti viene sempre effettuata sulla scorta dei dati clinici tramite questionari che tengono conto di: esiti funzionali, ritorno ad una vita come prima, il dolore, il movimento, la forza.


La guarigione biologica effettiva dei tendini della cuffia è, però, trascurata. Una precisa valutazione dell’effettiva guarigione biologica dei tendini della cuffia può essere fatta solo attraverso una risonanza magnetica.


Lo studio ha rilevato che:



  • Non c’è nessuna differenza di guarigione tra la tecnica a cielo aperto e quella artroscopica.

  • Nonostante le tecniche chirurgiche in uso prevedono una sutura semplice o doppia della CDR – sebbene si stima la doppia sutura più resistente – non vi sono dati statisticamente significativi tra le due procedure.

  • La qualità dell'osso rappresenta un fattore importantissimo poiché una qualità scadente (come l’osteoporosi/ossa fragili) può interferire con la stabilità dell’ ancoraggio delle suture della CDR sull’osso.  

  • La perforazione ossea sul sito di ancoraggio, proposta per favorire la guarigione, non ha mostrato di favorire una  guarigione migliore rispetto alla procedura standard.

  • L’uso di plasma ricco di piastrine (PRP) iniettato nel sito di riparazione, proposto per favorire e accelerare la guarigione, non ha mostrato alcun beneficio considerando anche che può esporre il paziente a rischio di infezione.

  • Il protocollo riabilitativo se iniziato subito dopo l’intervento chirurgico o più tardivamente, non mostra significativa differenza nell’accelerare la guarigione.


In definitiva, credo che questo lavoro possa rappresentare un punto di partenza per far riflettere allorché ci si accinge ad un approccio chirurgico della lesione della cuffia dei rotatori.






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